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Monica Seles: l’invincibile con due vite, seconda parte

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Monica Seles

La potenza della sua palla, la sua professionalità, la concentrazione massima, la vis agonistica anche negli schemi di allenamento, la reattività pazzesca dei piedi, lo spiccato senso dell’anticipo. Una macchina da tennis micidiale.

Un pressing da fondo campo asfissiante, un’attenzione totale a tutti i dettagli, che fanno la differenza tra una giocatrice di alto livello e una leggenda.

La grande differenza, fino a quel dannatissimo giorno che scosse tutto il mondo dello sport.

Monica stava giocando in Germania i quarti di finale del torneo di Amburgo. Non c’erano ancora i controlli dei bodyguard a vigilare alle spalle delle giocatrici. Gunther Parche si avvicinò indisturbato e pugnalò Monica alla spalla sinistra.

Con quel gesto intendeva restituire il primato e i titoli nei grandi tornei al suo idolo Graf.

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L’accoltellamento avrebbe potuto provocare un’emorragia interna ben peggiore, mettendola in pericolo di vita.

Di certo mise ko per due anni la più forte tennista del mondo, provocandole un fortissimo shock psicologico.

Per due anni Monica non riuscì neppure a pettinarsi con la mano sinistra. Il braccio aveva perso la normale funzionalità. Gli incubi notturni non le davano tregua ed ebbe anche disturbi alimentari che provocarono il successivo sovrappeso.

Prima di allora aveva vinto tutto, dominando il tennis e relegando Steffi Graf nell’angolo.

Era nata a Novi Sad, ex Jugoslavia (ora Serbia), da genitori ungheresi: Karolj e Ester.

Il papà, disegnatore e grande appassionato di tennis, le mette in mano la racchetta a cinque anni trasformando il parcheggio sotto casa in un campo da tennis, con un filo steso da una parte all’altra a far da rete.

La racchetta pesava troppo e allora la impugnò con presa bimane sia nel diritto che nel rovescio.

Con l’aiuto del papà continuò a migliorare, tanto da battere anche il fratello Zoltan, di otto anni più grande e tra i più promettenti nel suo paese.

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A 12 anni il papà decise di portare Monica da Nick Bollettieri a Bradenton, in Florida, e il vecchio guru del tennis ne rimase folgorato: “quando all’Orange Bowl del 1985 ho visto per la prima volta giocare Monica, mi sono stropicciato gli occhi e ho esclamato non è possibile!”.

Un fenomeno di precocità perché poco dopo, a tredici anni, diventa la numero uno del ranking juniores femminile mondiale. Fino a esplodere già a quindici anni nel circuito maggiore vincendo il suo primo torneo Wta a Houston battendo in finale 6-4 al terzo set una leggenda come Chris Evert.

Fonte “Le leggende del tennis” Angelo Mangiante.

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