I giochi che si tennero a Stoccolma nel 1912, come del resto quelli di Helsinki quarant’anni più tardi, si svolsero in un clima particolarmente sereno rispettando a pieno i desideri di De Coubertin: una organizzazione veramente esemplare ed un apporto di pubblico caloroso ed entusiasta.
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Lo stadio olimpico, appositamente costruito, aveva una pista di m 380,33. In quella edizione le gare di atletica leggera furono particolarmente seguite ed arricchito ne fu anche il programma: andavano, insomma, assumendo quella parte di sport principe dei giochi che attualmente rivestono.
Vennero introdotti per la prima volta i cinquemila metri e la staffetta 4×400. Il programma dei giochi di Stoccolma presentava, oltre all’atletica, numerose altre varianti al programma fino ad allora seguito: il tiro della fune preannunciava la sua fine, il torneo di pugilato non venne disputato perché le leggi in vigore allora in Svezia lo proibivano, come del resto il sollevamento pesi. Per la prima volta entrarono il pentathlon e l’equitazione ed un concorso artistico che ebbe però scarso successo.
Le nazioni partecipanti furono 28 per un totale di 2.541 atleti (57 donne).
Come sempre gli americani vinsero un rilevante numero di medaglie d’oro nell’atletica (17 sulle 32 in palio), ma vennero alla ribalta anche i finlandesi, ancora sotto il dominio russo che se ne aggiudicarono sei, tre delle quali ad opera di Kolehmainen (cinque e diecimila metri ed il cross-country).
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Nel nuoto comparve l’hawaiano Kahaoamoku che avvicinò il minuto netto nei 100 metri stile libero segnando 1’02”4 nella semifinale.
L’Italia che era presente con 61 atleti, conquistò tre medaglie d’oro: Braglia vinse nuovamente nella ginnastica (concorso generale individuale) e si ripeté al concorso generale a squadre. La terza medaglia portava il nome di Nedo Nadi nel fioretto individuale. Per gli azzurri giunsero anche una medaglia d’argento e due di bronzo.
L’Olimpiade cominciava davvero a servire lo sport, sollecitando raffronti e progressi. Nella scherma alcune nazioni, come la Francia e l’Italia, erano rapidamente avanzate nella scia degli ungheresi. I magiari a Stoccolma dominarono la sciabola; gli italiani il fioretto, con Nadi e Speciale (primo e secondo) ed Alajmo (quinto); il favorito Nadi iniziò allora, diciannovenne, la sua strepitosa carriera.
Jep Thorpe, l’indiano volante, vinse anzi trionfò, sia nel pentathlon che ne decathlon. L’anno successivo però il CIO intimo al povero pellirossa di restituire le medaglie dopo aver cancellato il suo nome nell’albo d’oro dei giochi: aveva intascato, prima di partecipare alle Olimpiadi, un premio per prendere parte ad una partita di rugby americano.
Questo rigoroso controllo sul “dilettantismo” degli atleti partecipanti alle gare olimpiche, oltre a esprimere direttamente la colossale ipocrisia puritana di una borghesia che immagina di poter riservare delle “zone franche” alla virtù, doveva diventare col passare del tempo sempre più grottesco anche dal punto di vista tecnico.
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